Parliamo di SEO.
No, non la SEO dei corsi o dei tutorial. Parliamo di quella che a ogni annuncio in cui viene dichiarata morta, vive il doppio.
Da che ho memoria, la SEO è morta circa 357 volte.
Lo dicono, lo scrivono e, peggio ancora, lo vendono.
Ogni volta che Google aggiorna qualcosa, ogni volta che nasce una nuova tecnologia, ogni volta che ci svegliamo e scopriamo un social nuovo in trend, parte il requiem per la SEO.
Questa volta però vogliamo – anzi, dobbiamo – GRIDARE una verità oggettiva:
NO, la SEO non muore mai. Si trasforma.
E lo ribadiamo in un presente quasi futuristico, in cui qualunque giorno sembra riscrivere le regole del gioco in continuazione. E, guarda un po’, no, neanche stavolta la SEO è deceduta.
Non oggi. Non domani. E probabilmente nemmeno dopodomani.
La SEO continua a fare quello che ha sempre fatto: si adatta. Un po’ come facciamo noi, che in questo caos ci sguazziamo pure piuttosto bene.
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La SEO è più viva che mai
Quando ho iniziato a lavorare in questo settore, la SEO era un miscuglio di keyword infilate con devozione in ogni angolo possibile del testo, metatag a pioggia, link building un po’ selvaggia e strategie DIY fatte di buona volontà, preghiere e disperati tentativi.
Poi è arrivata l’era del contenuto di valore. Poi l’intento di ricerca. Poi BERT. Poi MUM.
E ora? Un miscuglio di tutto questo, che comunque funziona, anche se per gli attori del settore di certo non è una passeggiata.
Eppure, nonostante questa valanga di aggiornamenti, un dato è certo: gli utenti cercano. E noi rispondiamo.
Cambia il mezzo, cambia il formato. Ma la sostanza è la stessa. E la SEO, quella vera, non ha mai smesso di essere lì.
Chi pensa che la SEO crolli a ogni novità, probabilmente ha più paura del cambiamento che del fallimento in sé. Ha il timore – legittimo – di non avere gli strumenti giusti per reggere l’impatto.
È un po’ come portare finalmente un sito in vetta e vederlo crollare in SERP per un cambio nei criteri di Google, deciso nottetempo. Chi lavora in questo ambito deve essere consapevole fin dal giorno zero che i cambiamenti repentini e stravolgenti sono all’ordine del giorno. Ma anche questo fa parte del gioco.
Eccallà: entra in scena l’intelligenza artificiale
E ora, ecco la svolta più destabilizzante per copywriter, SEO specialist e affini: l’intelligenza artificiale.
Oggi è ovunque. Genera testi, riassume articoli, risponde, corregge, suggerisce, compone mail, programma, fa (quasi) la spesa e – da qualche mese – sta influenzando profondamente il mondo della SEO.
C’è chi ha iniziato a usare ChatGPT per fare ricerche. Chi si affida alle risposte in SERP di Gemini. Chi, invece, evita tutto questo come la peste.
Insomma: panico paura.
E in effetti, un momento di sbilanciamento c’è stato per davvero.
Google ha iniziato a perdere precisione nelle risposte, mentre nientepopodimeno ChatGPT esplodeva in popolarità. E nel frattempo Gemini insultava gli utenti (letteralmente).
Un cortocircuito imbarazzante, durante il quale Google ha persino penalizzato siti piccoli ma autorevoli in favore dei soliti colossi. Non si poteva crescere. Non si poteva cercare.
Poi la tempesta si è (quasi) placata e Gemini è comparso direttamente in SERP. Altro attacco d’ansia per chi lavora nella SEO: d’altronde perché un utente dovrebbe cliccare mille risultati se ha già una risposta precisa lì, servita su un piatto d’argento da un’AI onnisciente?
No, non è l’apocalisse della SEO. Ancora oggi, gli attori SEO sono più necessari che mai.
Sai perché?
Perché non basta più scrivere per l’utente. Ora dobbiamo scrivere anche per i modelli linguistici che si piazzano tra noi e l’utente stesso. E quindi dobbiamo costruire esperienze complete, strutturate, multidimensionali. La SEO non è più (solo) keyword.
Ma quindi, dobbiamo piacere all’AI?
In parte sì. E per riuscirci, dobbiamo capire come lavora.
Se l’AI sintetizza le SERP, vuol dire che pesca le fonti più chiare, meglio strutturate, più affidabili.
Quindi:
- se il nostro contenuto è ben strutturato, secondo una determinata gerarchia, e al contempo è fluido → può essere selezionato;
- se è utile, aggiornato, preciso senza troppi giri di parole → può essere premiato;
- se è un minestrone di parole chiave → addio podio (e, sinceramente, TOP 10)
Vale per ChatGPT, per Gemini, per qualsiasi altro sistema generativo. Non si parla più solo di ranking, ma di essere scelti come fonte autorevole. Che, se ci pensi, è una sfida ancora più ambiziosa e appagante, se completata con successo.
E no, le due cose non si escludono. Anzi, si rafforzano a vicenda.
Quindi la domanda sorge spontanea: può essere che, al contrario di quanto si dica, la SEO non è mai stata così potente come oggi?
Cambia la SEO? Cambiano anche i SEO
Questa parte è la mia preferita. Perché chi lavora nella SEO ha generalmente un superpotere: la capacità di adattarsi.
Come tutti i professionisti digitali, siamo quelli che leggono i segnali, analizzano tendenze, scrollano SERP come altri scrollano Instagram. Siamo quelli che si reinventano a ogni Google Core Update, dopo una buona dose di imprecazioni (rituali, necessarie, liberatorie. Dai, fanno parte del mestiere).
E oggi più che mai dobbiamo fare una cosa semplice, ma non sempre facile: accogliere il cambiamento. Farci le domande giuste. Cercare le risposte migliori.
- Come si informano oggi gli utenti?
- Come leggono (o ignorano) i contenuti?
- Che ruolo gioca la nostra strategia in questo nuovo ecosistema?
La SEO non morirà mai: parola di KERNERS
Io ne sono convinta: la SEO non può morire.
E i motivi sono tanti, ma ti lascio alcuni spunti:
- finché esisteranno i motori di ricerca, la SEO sarà essenziale;
- la SEO porta traffico organico e gratuito, oltre a consolidare l’autorevolezza dei siti nel tempo;
- tiene conto dell’User Experience, dell’intento di ricerca, della qualità dell’interazione;
- oggi abbraccia anche i social, i video, la multicanalità.
La SEO cambierà volto, certo. Come l’hanno fatto i social, come l’hanno fatto i contenuti video, che ora sono Reel, Stories, Shorts e chi più ne ha più ne metta (o anche no che siamo già saturi, grazie).
Cambieranno le metriche. Ma l’obiettivo resterà lo stesso: dare risposte. Creare valore. Farsi trovare.
Quindi, qual è il futuro della SEO? Questa da oggi in poi sarà:
- sempre più strategica, meno tecnica;
- più integrata nei piani di comunicazione;
- capace di parlare agli utenti e alle AI, senza snaturarsi;
- sempre più ibrida, tra UX, copywriting, analisi dati, branding, prompt engineering.
E quindi, che famo?
Facciamo quello che abbiamo sempre fatto.
Ci rimbocchiamo le maniche e impariamo. Sperimentiamo. Osserviamo. Testiamo. Usiamo l’AI – anche per velocizzarci, perché no (modestia eccessiva, a volte, è solo zavorra). Ma manteniamo il tocco umano. Quel SEOsto senso che ci dice che c’è ancora qualcosa da migliorare. Quel dettaglio, quella sfumatura, quel tono. Quel valore aggiunto che nessuna intelligenza artificiale possiede davvero: la sensibilità, the human touch.
Dunque…
Concludendo questo bellissimo viaggio, ribadiamo che la SEO non è morta, non sta morendo e non morirà di certo domani: semplicemente evolve. E nel farlo, ci chiede di evolvere con lei.
Ci chiede spirito critico, capacità di osservazione, fiuto per il cambiamento. Ci costringe – nel senso migliore del termine – a non adagiarci mai, a mettere in discussione ciò che sappiamo, a non restare fermi. Un mondo iper-stimolante e, di conseguenza, non è semplice starci dietro.
La verità è che la SEO, oggi più che mai, non è (solo) una tecnica. È un linguaggio. È strategia, è empatia. È saper leggere il presente e scrivere il futuro.
E allora sì: lasciamo pure che dicano che la SEO è morta. Noi, nel frattempo, continuiamo a farla vivere meglio di prima.
Perché finché ci saranno domande, ci sarà bisogno di qualcuno che sappia costruire buone risposte. E noi, questo, lo sappiamo fare.