AI e pubblicità: creatività automatizzata o rivoluzione narrativa?

Avatar Elena Fagiano • 1 Ottobre 2025

La pubblicità ha sempre camminato al fianco della tecnologia, ma mai come oggi si trova a condividere il processo creativo con un’intelligenza artificiale. Dalla generazione di script alla creazione di video, l’AI è passata da strumento di supporto a protagonista vera e propria di molte campagne pubblicitarie.

Alcuni brand hanno già abbracciato questa svolta, lanciando spot sviluppati interamente o in parte con sistemi generativi. L’effetto è potente: immagini iperrealistiche, narrazioni surreali, personaggi sintetici e una nuova estetica dell’assurdo. Ma cosa significa davvero “fare pubblicità con l’AI”? E quali implicazioni comporta, tra creatività, efficienza e rischio di omologazione?

E soprattutto: questi spot funzionano davvero? Riescono a coinvolgere, a generare conversioni, a costruire valore per il brand o restano esercizi di stile? Tra entusiasmo tecnologico e valutazione concreta dei risultati, si apre una riflessione necessaria su come stia cambiando la comunicazione pubblicitaria con l’avvento dell’intelligenza artificiale.

AI e pubblicità: cosa c’è dietro gli spot? Gli strumenti più usati

La crescente presenza dell’intelligenza artificiale nelle campagne pubblicitarie è legata anche all’accessibilità di strumenti creativi potenti, in grado di generare immagini, video, voci e interi concept a partire da pochi input testuali. Queste piattaforme non sono più solo sperimentali: sono entrate di fatto nell’arsenale di agenzie, freelance e brand globali.

Tra i tool più diffusi spiccano:

  • RunwayML, una piattaforma che consente di generare video realistici o stilizzati da prompt testuali, con possibilità di editing avanzato frame-by-frame;
  • Midjourney e DALL·E, due dei generatori di immagini più conosciuti, utilizzati per creare ambientazioni, storyboard, personaggi e visual completamente sintetici. Spesso vengono usati in fase di concept o per visual da utilizzare come base di animazione;
  • Luma AI – Dream Machine, consente di trasformare immagini statiche in video 3D fotorealistici, con una fluidità che sfida le tecniche di motion design tradizionale.
  • ElevenLabs e Respeecher, strumenti vocali che permettono di generare voci artificiali credibili, clonare toni e inflessioni, e persino ricreare la voce di personaggi pubblici o attori digitali.

Questi strumenti rappresentano un cambio di paradigma: non servono più troupe, set e attori per raccontare una storia — bastano un’idea, un prompt ben scritto e qualche ora di generazione. 

Ma proprio qui si apre il dibattito: se tutti possono produrre spot in pochi passaggi, cosa distingue una buona pubblicità da una dimenticabile? Il rischio è che, nella corsa alla velocità e all’automazione, si perda il filtro creativo e la strategia dietro il messaggio.

L’intelligenza artificiale, in questo contesto, non è il fine, ma un mezzo. Un mezzo potentissimo, certo, ma che richiede ancora una direzione consapevole per trasformare il contenuto in valore comunicativo.

Vediamo qualche esempio di AI e pubblicità

BMW iX2 con Lil Miquela – Il virtuale diventa reale

BMW ha lanciato lo spot della nuova iX2 insieme a Lil Miquela, la celebre virtual influencer che conta più di 2 milioni di followers su Instagram. Il concept ruota attorno all’incontro tra realtà e finzione, mostrando un’AI che sperimenta emozioni umane. La narrazione si sviluppa in uno scenario immersivo, dove lo spettatore viene trascinato in una storia che fonde tecnologia e storytelling emotivo.

Lo spot è parte della campagna “Make it Real” e rappresenta un caso emblematico di uso dell’intelligenza artificiale come elemento narrativo e identitario per un brand automobilistico.

McDonald’s Giappone – l’AI incontra il food advertising

In Giappone, McDonald’s ha affidato la realizzazione di uno spot all’AI Dream Machine di Luma Labs. Il risultato è un video pubblicitario dal ritmo incalzante e dalla visual identity quasi onirica: elementi visivi sintetici, movimenti iper-fluidi, e un’estetica che rompe gli schemi classici del food advertising.

Non è solo una questione di effetti speciali: si tratta di una vera e propria rielaborazione del linguaggio pubblicitario, dove il surrealismo diventa un mezzo per catturare un pubblico sempre più anestetizzato dalla ripetitività.

Blair Vermette – Pubblicizzare prodotti inesistenti

Il designer Blair Vermette ha realizzato uno dei primi spot interamente creati con AI generativa, utilizzando strumenti come Midjourney, RunwayML e ElevenLabs. Ma c’è di più: i prodotti al centro della campagna non esistono nemmeno.

Questo esperimento dimostra come la pubblicità non stia solo cambiando nella forma, ma anche nella sostanza. L’AI permette infatti di testare idee, stimolare desideri e costruire narrazioni su oggetti ancora solo ipotetici. Un terreno fertile per la prototipazione creativa, ma anche un rischio etico da non sottovalutare.

Funzionano davvero?

Per quanto affascinanti e innovativi, gli spot pubblicitari realizzati con l’intelligenza artificiale sollevano una domanda fondamentale: sono davvero efficaci? In termini di engagement, brand awareness e conversioni, l’AI è ancora una tecnologia giovane, e i dati concreti sulle performance di queste campagne iniziano solo ora a emergere.

Alcuni brand — come BMW o McDonald’s — hanno registrato un notevole aumento di visibilità, soprattutto tra i target più giovani e digitali. Ma attenzione: visibilità non equivale a memorabilità. La creatività generativa stupisce, ma rischia di non lasciare traccia se non è integrata in una narrazione coerente, o se non trasmette valori riconoscibili.

C’è poi il tema del coinvolgimento emotivo. L’intelligenza artificiale può simulare la voce umana, creare scenari realistici, persino imitare l’umorismo. Ma può davvero suscitare empatia? Per ora, gli spot AI-generated restano molto validi come esperimenti, ma raramente riescono ad attivare quel tipo di connessione profonda tra brand e pubblico che rende una pubblicità memorabile nel tempo.

L’efficacia, quindi, non va misurata solo in click o views, ma nella capacità di restare impressi, di rafforzare la brand identity e di costruire una relazione duratura con le persone. E questa, almeno per ora, è ancora una partita dove la creatività umana resta insostituibile.

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